mercoledì 20 maggio 2009

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giovedì 14 maggio 2009

No alla professione forense per i dipendenti pubblici

La Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 91/2009, dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Napoli. Pertanto gli avvocati iscritti all'albo non possono essere dipendenti pubblici, anche se part time.

La Corte Costituzionale ribadisce l'incompatibilità tra lo status di dipendente pubblico e l'esercizio della professione forense in risposta ad una giudizio di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Napoli in merito agli artt. 1 e 2 della legge n. 339/2003. La ragione di questo divieto è individuata nella pericolosità e nella frequenza di possibili inconvenienti derivanti dalla commistione tra pubblico impiego e professione forense. La Suprema Corte ha anche richiamato precedenti sentenze rendendo quindi solida la sua giurisprudenza in questo senso. Diverso il caso dei praticanti avvocati non abilitati al patrocinio che, come confermato dalla Cassazione con sentenza 26 novembre 2008, n. 28170, possono essere iscritti nell'apposito registro, anche se legati da un rapporto di lavoro con soggetti pubblici o privati. Ne deriva che il praticante una volta ottenuta l'abilitazione tramite l'esame di stato, debba necessariamente decidere se esercitare la professione forense o continuare l'attività di dipendente pubblico. 

Articolo tratto dal sito del Sole 24 ore

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Esame avvocato: il solo voto numerico non è sufficiente ad integrare la motivazione

E’ questo il principio con cui il Tar Lecce ha ribadito il proprio costante orientamento in materia di esame per l’abilitazione forense affermando, contrariamente a quanto più volte statuito dal Consiglio di Stato, che la valutazione degli elaborati d’esame o di concorso in forma meramente numerica è assolutamente insufficiente ad integrare l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, nelle ipotesi in cui i criteri generali di valutazione degli elaborati siano stati predeterminati in maniera tale da attribuire alla Commissione un rilevante spazio di apprezzamento che deve poter essere “controllato” dai partecipanti alla procedura selettiva ed in definitiva, dall’intera collettività. 
Avv. Alfredo Matranga 

REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia 
Lecce - Sezione Prima 
ha pronunciato la presente 
SENTENZA 

Sul ricorso numero di registro generale 1341 del 2008, proposto da: 
B. M. L., rappresentata e difesa dall'avv. G. R., con domicilio eletto presso G.R. in Lecce, via Templari 10;
contro 
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato c/o Corte D'Appello Catanzaro, Commissione Esame di Avvocato Presso Corte d’Appello di Lecce, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del verbale n. 85, comunicato il 16.6.2008 e redatto nella seduta del 7.3.2008 dalla Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Lecce, nella parte in cui attribuisce alle tre prove scritte della ricorrente un punteggio insufficiente, pari complessivamente a 81 punti;
del conseguenziale elenco degli ammessi alle prove orali, sessione 2007, degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, relativamente alla Corte d’Appello di Catanzaro e nella parte in cui esclude la ricorrente e della nota 12.6.2008 con cui si comunica tale esclusione;
di ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato o conseguenziale ed in particolare, dei criteri fissati dalla predetta Sottocommissione con verbale n. 16 dell’11.1.2008 per la valutazione degli elaborati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Commissione Esami Avvocato c/o Corte D'Appello Catanzaro;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Commissione Esame di Avvocato presso Corte D'Appello Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/03/2009 il dott. Luigi Viola uditi altresì, l’Avv. Rascazzo per la ricorrente e l’Avv. dello Stato Pedone per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente partecipava alla sessione 2007 degli esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato, presso la Corte d’Appello di Catanzaro, effettuando le relative prove scritte.
In data 16.6.2008, riceveva comunicazione da parte della Corte d’Appello di Catanzaro della mancata ammissione alle prove orali, per effetto dell’attribuzione agli elaborati d’esame, da parte della III Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Lecce, del giudizio complessivo di 81 (25 per la prova di diritto civile, 28 per la prova di diritto penale e 28 per l’atto giudiziario in diritto civile); a seguito dell’esercizio del diritto di accesso, constatava altresì come la valutazione degli elaborati d’esame fosse stata effettuata in termini puramente numerici.
I provvedimenti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dalla ricorrente per: 1) violazione art. 3 l. 241 del 1990, difetto assoluto di motivazione; 2) violazione delle norme in materia di valutazione degli elaborati nelle prove concorsuali, violazione dei criteri generali fissati nella seduta del 20.12.2007 dalla Commissione centrale presso il Ministero della Giustizia, eccesso di potere per errore nei presupposti, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà.
Si costituivano in giudizio le Amministrazioni intimate.
Alla camera di consiglio del 24 settembre 2008, la Sezione accoglieva, con l’ordinanza n. 845, l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente, ordinando alla Commissione, in diversa composizione, di procedere al riesame delle prove scritte, <>; con ordinanza 16 dicembre 2008 n. 6692, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato accoglieva però l’appello proposto dall’Amministrazione ed annullava la decisione cautelare del T.A.R., ritenendo di poter confermare le proprie precedenti decisioni cautelari.
All'udienza del 25 marzo 2009 il ricorso passava quindi in decisione.
DIRITTO 
Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
Ormai da lungo tempo (ed in particolare, da T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 14 giugno 1996, n. 510), la giurisprudenza della Sezione segue un percorso argomentativo che ritiene la valutazione degli elaborati d’esame o di concorso in forma meramente numerica assolutamente insufficiente ad integrare l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241, nelle ipotesi in cui i criteri generali di valutazione degli elaborati siano stati predeterminati in maniera tale da attribuire alla Commissione un rilevante spazio di apprezzamento (spazio di apprezzamento che manca, ovviamente, nelle ipotesi di criteri di valutazione formulati con riferimento a questionari a risposta predeterminata o ad altri sistemi “vincolati” di valutazione) che deve poter essere “controllato” dai partecipanti alla procedura selettiva ed in definitiva, dall’intera collettività.
Dopo l’intervento di una importante decisione della Corte costituzionale (Corte cost. ord. 14 novembre 2005 n. 419), l’orientamento è stato riaffermato da sentenze più recenti della Sezione (T.A.R. Puglia Lecce sez. I 20 novembre 2008 n. 3375; 21 dicembre 2006 n. 6055 e 6056), sulla base di una struttura argomentativa estremamente aggiornata che può essere richiamata anche in questa sede, in funzione motivazionale della presente decisione:
<> (T.A.R. Puglia Lecce sez. I 20 novembre 2008, n. 3375; 21 dicembre 2006, n. 6055 e 6056).
Il quadro motivazionale sopra richiamato non è poi stato modificato dall’intervento della recente decisione 30 gennaio 2009, n. 20 della Corte costituzionale; la sentenza del Giudice delle leggi si è, infatti, limitata a constatare come l’orientamento tendente a considerare sufficiente la valutazione in termini esclusivamente numerici delle prove di idoneità si sia ormai consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato e ad escludere che l’attuale strutturazione delle norme contrasti con alcuni parametri costituzionali (gli artt. 24, 11 e 113 della Costituzione, relativi solo all’<>); con tutta evidenza, si tratta, quindi, di una decisione che non può esplicare efficacia preclusiva della potestà del giudice amministrativo di interpretare le norme che regolamentano la fattispecie (interpretazione che, come è già stato rilevato, conduce a ritenere assolutamente insufficiente, alla luce della previsione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e dei criteri di valutazione fissati dalle Sottocommissioni, una valutazione delle prove di idoneità professionale in termini puramente numerici).
In definitiva, anche il presente ricorso deve pertanto essere accolto e deve essere disposto l’annullamento degli atti impugnati; il giudizio di valutazione degli elaborati dovrà pertanto essere integralmente rinnovato, sulla base dei criteri indicati in sentenza e ad opera della stessa Sottocommissione in diversa composizione o di una diversa Sottocommissione d’esame.
Le spese di giudizio devono essere poste a carico delle Amministrazioni resistenti e liquidate, in mancanza di nota spese, in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00).
P.Q.M. 
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa lo accoglie, come da motivazione e, per l'effetto, dispone l’annullamento degli atti impugnati.
Condanna le Amministrazioni resistenti alla corresponsione in favore della ricorrente della somma di € 1.500,00 (millecinquecento/00), a titolo di spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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sabato 9 maggio 2009

Esamopoli a Bari, chiesti 35 rinvii a giudizio: i nomi

BARI - Qualcuno lo avrebbe fatto per soldi, qualcun’altro per continuare a tessere le trame di un sistema fatto di rapporti clientelari. In gran parte dei casi erano «mazzette», nella restante favori per gli «amici». La fase delle indagini preliminari per l’inchiesta «Esamopoli», che ha scardinato una vera e propria «cupola» della raccomandazione all’interno della facoltà di Economia della Università degli studi di Bari, si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per 35 tra docenti, studenti, cultori della materia e assistenti alle aule.

Nelle maglie della rete tesa dai detective del Nucleo investigativo del Reparto operativo provinciale dei carabinieri sono rimasti impigliati otto docenti e cultori della materia, 10 assistenti alle aule e collaboratori amministrativi, 17 tra studenti e genitori.

Nell’elenco degli indagati ci sono Pasquale Barile, 63 anni; Rosa Capolupo, 58 anni; Ciro Carella, 43 anni; Giovanni Continisio, 41 anni; Angelantonio Corriero, 28 anni; Margherita Cussino, 49 anni; Antonio De Feo, 62 anni; Bruno De Santis, 58 anni; Massimo Del Vecchio, 47 anni; Francesco Furchì, 41 anni; Tommaso Gelao, 48; Matteo La Marca, 43; Lucia Lavermicocca, 43; Francesco Lobuono, 48; Stefanos Papagiannis, 27, greco di Ptolemaide; Giuseppe Maurogiovanni, 62; Michele Milillo, 73; Vincenzo Milillo, 48; Luciano Rinaldi, 33; Sergio Riso, 55; Pasqua Tafuni, 48; Antonio Vaglio, 25; Franco Federico, 72; Teresita Roberta Belsanti, 47; Nicola Cancellaro, 24; Giorgio Cusatelli, 62; Nunzio Germoglio, 56; Michele Germoglio, 29; Alessandro Germoglio, 27; Aldo Barlaam, 63; Marco Barlaam, 25; Lorenzo Ranieri, 56; Cosimo Ranieri, 26; Roberto Ranieri, 24; Roberta De Pasquale, 27.

A loro sono contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, concussione, corruzione, falso, falsa attribuzione di lavori altrui e rivelazione di segreti. Ma la lente di ingrandimento degli investigatori ha reso visibile una miriade di rapporti di «connivenza» tra chi gestiva le sedute di esame o aveva la possibilità di condizionarne gli esiti e una corte di questuanti, pronta a bussare alla porta del professore, oppure a pagare per accaparrarsi i buoni uffici di un bidello pur assicurarsi la promozione per se, per un figlio, per un nipote. È lo spaccato di un sistema di malaffare, di compravendita di esami (che oscillavano tra mille e tremila euro), ma soprattutto di «favori»: e in questo sistema sono coinvolti appunto avvocati, ufficiali dei carabinieri, finanzieri, poliziotti (tutti graduati).

Tra i casi oggetto dell’indagine, quello dei figli di un noto imprenditore barese che avrebbe «raccomandato» i suoi due figli e «prenotato» la promozione anche per il terzogenito. I due ragazzi avrebbero superato almeno due esami senza mai sostenerli. Agli atti anche la raccomandazione del figlio di un docente universitario che avrebbe raccomandato il figlio all’esame da avvocato (superato) promuovendo in cambio la protetta di un collega che per tre volte non aveva superato un esame di economia.

07 Maggio 2009 - LUCA NATILE - Gazzetta del Mezzogiorno

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venerdì 8 maggio 2009

Napoli, esami comprati a Giurisprudenza

Napoli. Esami truccati, sette perquisizioni, 40 studenti e tre impiegati indagati
Controlli della Digos alla Federico II, trovate camicie con prove e firme falsificate


Il record a una giovane di trent´anni. Aspirante avvocato ma con numerosi anni di fuori corso alle spalle. E undici esami tutti falsi. Mai sostenuti. Comprati grazie a uscieri compiacenti in servizio alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II. Un esame di Diritto commerciale: prezzo tra i duemila e i tremila euro ma con voto medio basso. Il trenta faceva lievitare la cifra. Così per Diritto civile e Procedura civile, Diritto penale ed Economia politica. Avvocati del futuro con i codici intonsi. Finché parte l´indagine, perché qualche studente secchione scopre l´inganno e denuncia tutto.

La Digos del vice questore Antonio Sbordone si mette al lavoro nell´inchiesta seguita dal pm Giancarlo Novelli e ieri arriva il primo - e solo il primo - giro di boa. La polizia piomba in casa di sette persone: quattro studenti e tre impiegati della Federico II. Tutti indagati per corruzione e falso. Si tratta delle posizioni più pesanti, ma in realtà sotto inchiesta per ora sono almeno quaranta studenti ed alcuni laureati. Che rischiano la revoca del diploma così come gli studenti ancora iscritti avranno la revoca dei falsi esami sostenuti. È solo l´inizio. Si lavorerà su altri esami, si cercherà un eventuale coinvolgimento del corpo docente nel mercato degli esami.
Ieri le sette perquisizioni hanno già dato le prime conferme.

In pratica, in seguito alle denunce di alcuni studenti - e una volta chiesta e ottenuta la collaborazione dell´università all´indagine - la Digos ha studiato le camicie d´esame scoprendo che a quelle regolamentari ne veniva aggiunta una in bianco con gli esami fasulli e la firma falsificata del docente. In quattro casi i titolari di cattedra hanno disconosciuto quelle firme, in due casi i professori avevano a disposizione nell´agenda personale una sorta di archivio sugli studenti che avevano effettivamente sostenuto il loro esame.

Da quegli elenchi mancano proprio gli indagati. E quegli studenti avevano tutti denunciato lo smarrimento del libretto. Così la perquisizione aveva per cominciare lo scopo di rintracciare i libretti smarriti (che però non sono stati trovati) ma anche tracce informatiche e telefoniche dei contatti tra gli impiegati amministrativi dell´università e gli studenti. Elementi che sono stati effettivamente trovati. Fino ad ora si parla di indagati per la falsificazione avvenuta tra il 2007 e il 2008. Ma l´indagine sta andando a ritroso e ora si lavora al 2006, mentre la polizia è certa che ci sia stato più di un falsificatore di firme all´interno della facoltà. Ma non è tutto. Se fino a questo momento i riscontri incrociati hanno puntato i fari dell´indagine su quattro materie d´esame, il caso della trentenne con undici esami fasulli conduce a un evitabile ampliamento dell´indagine. Mentre non è stato possibile ricostruire un esatto tariffario dell´esame comprato
(La Repubblica - 08 maggio 2009)

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Il sogno proibito della toga

IL DIBATTITO. La lista universitaria «Studenti per» ha messo intorno a un tavolo Anania, Barzellotti, Amato e D'Andrea La riforma divide gli avvocati: per i giovani è come il fumo negli occhi, gli affermati invece l'aspettano in grazia.
Brescia. La riforma dell'accesso alla professione divide gli avvocati. Quelli affermati l'aspettano in grazia, i giovani la vedono come il fumo negli occhi. Gli uni le affidano il compito di sfoltire la categoria selezionando i migliori, gli altri ribattono che il problema italiano non sono i troppi avvocati, ma il fatto che molti siano emarginati, e con le nuove regole saranno ancora più esclusi.La lista universitaria «Studenti per» (ex Studenti democratici) ieri li ha messi a confronto nella sala Piamarta di via San Faustino. Intorno al tavolo si sono seduti Giovanni Anania, vicepresidente nazionale Agl (l'Associazione dei giovani legali), il presidente dell'Ordine bresciano Vanni Barzellotti, la docente di diritto privato comparato Cristina Amato e il costituzionalista Antonio D'Andrea.
LA RIFORMA PROPOSTA dal senatore Pdl Mugnai, sulla base di un testo del Consiglio nazionale forense, prevede che per iscriversi all'albo dei praticanti non bisogna avere più di 40 anni e si devono superare un test d'ingresso e un test finale dopo i due anni. Nello stesso tempo si deve frequentare un corso (a pagamento) di almeno 250 ore in scuole organizzate dagli Ordini forensi. La riforma cancella di fatto il patrocinio legale autonomo, e una volta ottenuto il certificato di avvenuto praticantato permette di sostenere l'esame di Stato nelle tre sessioni successive. Se in questo periodo (cinque anni) non si riuscirà a superare, bisognerà rifare il praticantato. La prova scritta si svolgerà con il solo aiuto dei testi di legge, senza commenti e citazioni giurisprudenziali. E una volta iscritti all'albo, per restarci bisognerà provare che si esercita per davvero, secondo criteri di reddito fissati dall'Ordine.
TUTTO QUESTO non va per niente bene ai giovani. «Questa riforma scatena una battaglia di retroguardia - dice Anania -, il problema del declino dell'avvocatura non è legato al numero degli avvocati, ma all'emarginazione dei piccoli e medi dal mondo dell'impresa e del lavoro». E se l'avvocatura pensa di risolvere il problema del declino restringendo l'accesso «sbaglia strada», sostiene il vicepresidente Agl. La soluzione, per lui, sta «nella riforma del percorso formativo a partire dall'università, in modo da avere una selezione naturale».Giurisprudenza resta tra le poche facoltà ad accesso libero - ricorda -, e le «lauree brevi sono fallite perché non davano accesso ad alcun concorso». Bisognerebbe ripartire da lì.
MA PER GLI «ANZIANI» i praticanti restano tanti. A Brescia su 2.149 avvocati ce ne sono 1.247 (933 semplici e 314 abilitati), a Milano 15mila circa su 30mila. «La situazione attuale nei tempi e modi di accesso alla professione è insostenibile perché non garantisce serietà al praticantato, che sfugge a un efficace controllo da parte degli Ordini», dice Vanni Barzellotti.E a chi parla invece di corporativismo, il presidente dell'Ordine degli avvocati di Brescia ribatte che «l'opinione che l'Ordine sia una casta è da cestinare. Tant'è che la riforma rende più difficile l'accesso, ma è democratica, tende a selezionare i più capaci e non i più socialmente facilitati».La docente di diritto comparato Cristina Amato, dal canto suo, si pone nel mezzo. Se da un lato accetta l'idea della selezione, che «si muove nel solco dell'Europa», dall'altro definisce tutto il resto «sconclusionato, irrazionale, classista e costoso».
DURO D'ANDREA: «Si tratta di un disegno di legge costruito sulle esigenze dell'Ordine degli avvocati - dice -, e spinge a chiedersi quale sia il senso della laurea in Giurisprudenza. se persino per l'accesso al tirocinio occorre un test». E «se la formazione è affidata all'ordine - aggiunge -, si chiudano almeno le scuole forensi e si riveda il sistema Giustizia-Università».
Mimmo Varone - Brescia Oggi

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domenica 26 aprile 2009

Esame da avvocato col trucco, 38 persone indagate

Trentotto persone sono indagate nell'ambito di un'inchiesta sullo svolgimento dell'esame per diventare avvocato. L'esame, tenutosi nel dicembre del 2007 in Molise, sarebbe stato "truccato".

I compiti svolti da molti concorrenti sarebbero identici, cioè copiati. Il caso è finito nelle mani della Procura di Campobasso che ha iscritto sul registro degli indagati 38 persone, tutti concorrenti, quasi tutti molisani. Sono accusati del reato di attribuzione a sé di elaborati altrui in materia di concorsi pubblici. Sono stati già ascoltati dai giudici. Ma presto potrebbero essere contestati altri reati. Il presidente della commissione esaminatrice, l'avvocato Lucio Epifanio, difende l'operato dei commissari e ribadisce che tutto si è svolto nel rispetto delle leggi.

SCANDALO CONCORSO AVVOCATI: MOLTI MOLISANI FRA GLI INDAGATI

Ci sono molti giovani molisani fra gli indagati dello scandalo dei temi copiati all’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Dopo la comunicazione di chiusura delle indagini da parte del sostituto procuratore di Campobasso Rossana Venditti, emergono nuovi particolari sul caso dei temi copiati durante l’esame dell’anno 2007. Secondo l’accusa infatti, i 38 aspiranti avvocati ora indagati, avrebbero copiato in parte o nella totalità le tre prove previste, vale a dire un atto giuridico e due pareri legali. Secondo quanto emerso, la commissione giudicante, composta dalla Corte d’Appello di Trieste, avrebbe riscontrato temi uguali e divisi in sottogruppi. In alcuni casi il testo giuridico sembra sia stato copiato per filo e per segno. Il magistrato Venditti attende ora la scadenza dei 20 giorni durante i quali gli indagati potranno farsi interrogare o potranno presentare memorie giuridiche. Scaduto quel termine è molto probabile il rinvio a giudizio.

Copiano esame per diventare avvocati: 5 termolesi nei guai

Ci sono anche cinque ragazzi di Termoli e uno di Montenero di Bisaccia tra i 20 indagati dalla Procura di Campobaso per aver copiato l’esame per diventare avvocati. Passaggi importanti del tema di diritto civile e di diritto penale sono identici nei 20 elaborati che sono stati annullatti dalla Commissione esaminatrice. Stanno per scadere i 20 giorni di tempo per essere ascoltati dal Pm.
Termoli. Stesse parole, punteggiatura identica, intere frasi copiate. La Procura di Campobasso non ha dubbi: 20 candidati molisani che hanno partecipato al concorso per avvocati nel dicembre del 2007 hanno copiato, e per questo ora sono indagati "per aver attribuito a se stessi elaborati altrui in materia di concorsi pubblici". Tra di loro ci sono anche cinque termolesi tra i 30 e i 33 anni, tre ragazzi e due ragazze e un giovane di Montenero di Bisaccia. Sono difesi dagli avvocati Antonio De Michele e Oreste Campopiano. In questi giorni, dopo aver ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, alla chetichella si stanno recando dal pm di Campobasso Rossana Venditti, chi a farsi interrogare chi a presentare memorie difensive. Sono accusati di aver copiato passaggi importanti sia del tema di diritto civile che di quello di diritto penale. Ora si dovrà capire chi è il vero autore degli elaborati e chi invece ha copiato anche se non sarà facile. I temi infatti non sono stati scaricati da internet come invece si era detto in precedenza. Ma c’è stato qualcuno che ha redatto gli elaborati e tutti gli altri invece si sono semplicemente limitati a svolgere il ruolo comprimario di amanuensi. Le prove erano state annullate a tutti i candidati con temi uguali dalla commissione esaminatrice della Corte di Appello di Trieste, sorteggiata per la correzione degli elaborati molisani. I membri della stessa poi avevano provveduto a mandare tutti gli atti alla Procura della Repubblica di Campobasso.

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sabato 4 aprile 2009

Concorso pilotato a Farmacologia, per Gandolfi anche la concussione

Il primario favorì la vincitrice e minacciò i bocciati. Il docente è indagato con l´intera commissione e la vincitrice - di Paola Cascella


Seduta davanti alla commissione la candidata lo ammette: «Sto andando in palla». L´ansia, la tensione? Chissà. Comunque fa scena muta. Il presidente allora corre in suo in soccorso e le concede una pausa. Secondo round: la dottoressa che è in gara per un posto di ricercatore universitario Bio/14 a Farmacologia, ci riprova. Risultato: un orale appena sufficiente, secondo la valutazione dell´intera commissione. E tuttavia la vincitrice del concorso è lei, Elisabetta Polazzi, 39 anni, bolognese, della facoltà di Scienze, dipartimento studi avanzati. A suo favore varie pubblicazioni e due prove scritte di buon livello. Peccato però che nel verbale d´esame, il verbale numero 6, di quel suo impasse, risolto dal presidente con inedita cavalleria, non c´è traccia. E´ il marzo 2008.
A distanza di un anno il concorso è finito sulla scrivania del pm Antonello Gustapane in seguito ad un esposto di due dei cinque concorrenti bocciati che hanno fatto ricorso anche al Tar, ottenendo il congelamento del risultato. Ora Polazzi è indagata con l´intera commissione: il presidente Ottavio Gandolfi, 62 anni, direttore del dipartimento di Farmacologia e ordinario alla facoltà di Medicina all´Alma mater, e i commissari Maria Enrica Fracasso, 64 anni, professore associato dello stesso dipartimento ma dell´ università di Verona, e Fabio Tascedda 38 anni, ricercatore al dipartimento di Scienze biomediche dell´università di Modena. A loro carico la Procura ipotizza i reati di falso ideologico e materiale, e di abuso d´ufficio. Gandolfi risponde anche di concussione perché avrebbe cercato di convincere i bocciati a non presentare, addirittura «prospettando ritorsioni sulla loro futura carriera all´interno del dipartimento». Martedì scorso i Carabinieri del Nas hanno perquisito il suo studio in facoltà, in via Irnerio 48, e anche l´ abitazione, in una piazza del centro storico.
Secondo l´avvocato Guido Magnisi che insieme ai colleghi Antonio Carullo e Beatrice Belli difende i due dottori bocciati (un´assegnista di ricerca e un borsista dello stesso dipartimento diretto dal professor Gandolfi) la prova orale del concorso fu costellata di «imbarazzanti irregolarità». Tutte a favore della dottoressa Polazzi. Oltre a consigliarle di accomodarsi in aula per calmarsi, consentendole poi una seconda chance, Gandolfi e gli altri esaminatori le avrebbero offerto numerosi assist. Per esempio, mentre aspetta di essere nuovamente interrogata dalla commissione, la dottoressa viene messa in condizione di approfondire il tema da lei estratto a sorte sul quale, in prima battuta ha mostrato «gravi incertezze». Come? Ascoltando le risposte di un´altra candidata alla quale, guarda caso, vengono rivolte domande su quello stesso punto, «nonostante l´argomento da lei sorteggiato fosse un altro». Non solo. Secondo l´accusa, anche il professor Tascedda si prodiga per lei fornendole «un indebito aiuto» attraverso uno schemino col quale su un foglio «evidenzia le diverse possibili forme di interaziona tra i farmaci (il tema d´esame ndr) sulle quali la candidata avrebbe dovuto soffermarsi nell´esposizione della risposta».
L´esposto è partito ai primi di marzo dopo il ricorso al Tar. I candidati bocciati avevano saputo che era in ballo una proposta di annullare la prova orale e basare il concorso solo su pubblicazioni e scritti.
(02 aprile 2009)

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martedì 31 marzo 2009

Esami venduti all'università di Catanzaro

Scandalo in Calabria: sequestrate 48 lauree sospette

Sono ben 48 le lauree in giurisprudenza ritenute 'sospette' e per questo motivo sequestrate dalla Procura della Repubblica di Catanzaro nell'ambito di un'inchiesta sui presunti esami venduti dell'Università Magna Grecia del capoluogo calabrese e che aveva già portato all'arresto di un funzionario dell'ateneo. “Ci sono alcune persone che hanno conseguito l'abilitazione alla pratica forense e sono iscritti agli ordini professionali”, afferma il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, pur sottolineando che si tratta di “un numero rosicato”. Una decina circa che risulta essere iscritta a diversi ordini della Calabria, nonché in alcune regioni del nord Italia. Le persone a cui adesso sono state sequestrate le lauree si trovano indagate a vario titolo di corruzione, falso in atto pubblico, falso per induzione, soppressione e distribuzione di atti ed esercizio abusivo della professione forense. È ancora da accertare invece se coloro che hanno conseguito il titolo di studio in questione, abbiano anche avuto delle agevolazioni illegali come quella, per esempio, di non affrontare l'esame ma trovare nel libretto la certificazione del superamento dello stesso. Intanto la Procura della Repubblica ha pensato bene di segnalare agli ordini professionali i nomi delle persone indagate e a cui è stata sequestrata la laurea in legge. Toccherà quindi poi agli ordini forensi provvedere, almeno per il momento, a sospendere le persone coinvolte nell'inchiesta, fino a quando non venga definitivamente fatta luce sulle loro posizioni. Un'inchiesta coordinata dai sostituti procuratori Salvatore Curcio e Paolo Petrolo, e che, iniziata già nel 2007, aveva portato all'arresto e alla condanna a tre anni di reclusione per il funzionario dell'ateneo di Catanzaro Francesco Marcello, con l'accusa di aver ricevuto denaro in cambio della falsificazione dei libretti universitari. Nel settembre 2008, inoltre, sempre la Procura aveva sequestrato altre 13 lauree che erano state poi confiscate in seguito al patteggiamento degli indagati. Matilde Geraci




Potevano bastare 300 euro per farsi attestare sul libretto di aver superato un esame, in realtà mai sostenuto. Lo ha rivelato uno studente della facoltà di Giurisprudenza, collaboratore nell'inchiesta che ha portato all'arresto lo scorso anno di un funzionario dell'Università di Catanzaro, Francesco Marcello, accusato di aver percepito denaro in cambio della falsificazione di alcuni esami e già condannato in primo grado. Corruzione, falso in atto pubblico, falso per induzione, soppressione e distruzione di atti, esercizio abusivo della professione forense, sono queste le accuse che i pubblici ministeri di Catanzaro Salvatore Curcio e Paolo Petrolo hanno notificato ad altrettanti dottori in Giurisprudenza, contestualmente a un decreto di perquisizione e sequestro con cui i carabinieri del reparto operativo della città calabrese hanno setacciato gli archivi degli uffici amministrativi dell'Ateneo catanzarese, alla ricerca di prove a riscontro delle ipotesi di reato formulate dai magistrati. «Nell'ambiente universitario - ha raccontato ai pubblici ministeri lo studente collaboratore - si sapeva che c'era la possibilità di comprare gli esami tramite il signor Marcello. Parlando quindi mi è stato spiegato che c'erano dei personaggi che si muovevano con astuzia, avvicinando gli studenti in difficoltà, che magari avevano problemi per superare qualche esame. Poi da lì ti dovevi affidare completamente a loro». Quindi quando non si superava un esame, bastava rivolgersi a loro che regolavano tutto, apponendo le firme false sui libretti e sugli statini, ma non avevano fatto i conti con un professore che ricorda a memoria i nomi degli studenti che fanno esami. L'inchiesta, infatti, era partita da una denuncia di un professore che si era accorto che sul libretto di una laureanda vi erano troppe abrasioni, ma soprattutto che la stessa avesse superato l'esame relativo alla sua materia senza che il docente ne sapesse nulla. L'indagine della procura della repubblica di Catanzaro che ha portato al sequestro delle 48 lauree prosegue, quindi a ritmo serrato.I militari dell'Arma su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica Salvatore Curcio, hanno sequestrato una consistente documentazione negli uffici amministrativi della facoltà che è adesso al vaglio degli inquirenti. «La tempestiva denuncia che, a suo tempo, gli organi dell'ateneo avevano presentato alla Procura di Catanzaro trova i suoi elementi di chiarezza». È stato il primo commento del Rettore dell'Università di Catanzaro, Francesco Saverio Costanzo, il quale esprime un «chiaro apprezzamento per i modi e i tempi con i quali la Procura della Repubblica di Catanzaro ha fatto chiarezza su quanto denunciato dalla stessa Università «Magna Graecia», in merito a sospetti di irregolarità nell'attestazione di esami universitari per il Corso di Laurea in giurisprudenza. Questo fatto ci conforta - aggiunge il Rettore - perché testimonia che la strada scelta dalla nostra Università per il massimo livello di attenzione, di controllo e di trasparenza da dedicare a tutti gli aspetti della vita amministrativa, è una scelta che viene ripagata. Tale orientamento sarà ulteriormente perseguito e rafforzato in ogni aspetto della vita accademica». «È una situazione che si aggrava e che apre scenari inquietanti» - commentato il Presidente dell'ordine degli avvocati di Catanzaro, Giuseppe Iannello -. Siamo preoccupati in modo particolare per quei casi di avvocati che esercitano già la professione. Il fatto, poi, si commenta da solo. Dobbiamo attendere, però. che concludano le indagini della Procura per capire fino in fondo quanto e' diffuso il fenomeno. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione del consiglio dell'ordine e non escludo che affronteremo anche questa vicenda».




«Si è comprato la laurea in Legge a Catanzaro»

IL CASO. Un calabrese residente in città fra i 48 indagati per corruzione. Alcuni esami non li avrebbe mai sostenuti

Avrebbe pagato un funzionario infedele dell'ateneo "Magna Graecia" per farsi registrare i voti sul libretto. Ora lavora per una società privata


C'è anche un vicentino fra i finti dottori in Legge proclamati dall'università Magna Graecia di Catanzaro. È quanto sostiene la procura calabrese che ha coordinato le indagini dei carabinieri e che l'altra mattina ha spedito avvisi di garanzia a 48 persone, accusate a vario titolo di corruzione, falso in atto pubblico, falso per induzione, soppressione e distruzione di atti ed esercizio abusivo della professione.
Salvatore Vaccaro, 40 anni, originario di Crotone ma da tempo domiciliato in città dove lavora in un'azienda privata, risulta fra coloro che avrebbero comprato qualche esame pagando il funzionario infedele dell'ateneo Francesco Marcello, 50 anni, di Catanzaro, già arrestato nei mesi scorsi durante la prima fase delle indagini e che al quale il tribunale ha già inflitto tre anni di reclusione.
Il diploma di laurea di Vaccaro, al pari degli altri 47 nuovi indagati, è stato sequestrato dalla procura e ora il "dottore" corre il rischio di vedersi confiscare il suo titolo di studio. Carta straccia, come accaduto per i primi 13 laureati che hanno preferito patteggiare.
D'altronde, è il ragionamento della procura calabrese, quel titolo è stato ottenuto su presupposti non validi. Infatti, per raggiungere il momento della discussione della tesi davanti alla commissione di facoltà, che apre il passo alla proclamazione di "dottore" e al diploma, è necessario aver superato tutti gli esami previsti dal programma di studi. E non sarebbe stato il caso, ad esempio, di Vaccaro, il quale è accusato di aver comprato alcuni esami che evidentemente non riusciva o non intendeva affrontare.

Il meccanismo scoperto dai carabinieri in realtà era piuttosto semplice: Marcello, ex responsabile della segreteria degli studenti, incassava le mazzette e in cambio falsificava i registri delle varie materie e i libretti universitari, o alzando i voti a piacimento oppure registrando esami in realtà mai sostenuti. Nessuno, in segreteria, si sarebbe mai accorto di nulla.
A scoprire il polverone, nel 2007, era stata la procura che aveva scoperto un circuito criminale perverso in università. E ora, dopo il primo processo, sono emersi una serie di altri casi di compravendita di esami che hanno portato poi alla laurea.
Il caso del vicentino, peraltro, è dei meno gravi. Fra gli altri 47 indagati ci sono infatti 10 avvocati iscritti ai rispettivi ordine provinciali (soprattutto della Calabria, ma anche di regioni del Nord Italia) e 25 praticanti. Esercitano la professione di avvocato, pur senza averne titolo.
E ancora altri indagati lavorano in enti pubblici dopo aver vinto concorsi statali, ai quali avevano potuto accedere grazie proprio alla laurea in Giurisprudenza. La loro posizione è tutta da valutare, e non è escluso che se al termine del processo, che prenderà il via alla fine delle indagini, il loro titolo sarà annullato, quei concorsi siano da rifare a distanza di anni dalla loro conclusione.

Vaccaro, invece, opera per un'azienda privata, e per questo non dovrebbe avere problemi sul posto di lavoro. Resta anche da verificare, spiegano da Catanzaro, cosa intenda fare il consiglio di ateneo della facoltà di Legge sui 48 casi emersi finora nel corso degli accertamenti: vanno annullati in toto i curricula universitari degli indagati, o per loro restano da rifare realmente e legalmente gli esami che hanno comprato da Marcello, oltre ovviamente alla tesi?

Diego Neri - Il Giornale di Vicenza - 25/03/2009




Esami venduti all'università di Catanzaro. Il prorettore: non ci infangheranno L’ateneo istituisce una commissione disciplinare per valutare le misure contro studenti e laureati coinvolti


Tra i destinatari del provvedimento dieci avvocati, che esercitano la libera professione iscritti a diversi ordini della Calabria ed anche in regioni del nord Italia, 25 praticanti avvocati e 13 professionisti vincitori di concorso nella pubblica amministrazione.


di Vincenza de Iudicibus. Il Messaggero - ROMA (31 marzo) - Si era presentata all’università per il suo momento di gloria, vestita di tutto punto e con un fitto stuolo di parenti e amici al seguito. Ma uno dei professori in commissione, mentre la studentessa esponeva la sua tesi di laurea in Economia aziendale, aveva avuto un improvviso flash: la giovane aveva sostenuto con lui un esame e aveva rifiutato un 18. Da allora non l’aveva più vista, e si domandava come potesse aver superato in altri modi l’esame, arrivando al giorno della laurea. Lo scandalo degli esami "venduti". Nasce così, dal sospetto di un docente diventato prima certezza, poi denuncia alla Procura della Repubblica, il filone di inchiesta sullo scandalo degli esami "venduti" all’università Magna Graecia di Catanzaro. Filone che dal novembre 2007 ad oggi si è esteso a macchia d’olio coinvolgendo la facoltà di Giurisprudenza, con l’annullamento di 48 lauree la scorsa settimana. Tra i destinatari del provvedimento dieci avvocati, che esercitano la libera professione iscritti a diversi ordini della Calabria ed anche in regioni del nord Italia, 25 praticanti avvocati e 13 professionisti vincitori di concorso nella pubblica amministrazione.L’indagine riguarda un periodo di tempo che va dal 2000 al 2007. Anni in cui a Catanzaro si consumava una vera e propria compravendita di esami che non venivano nemmeno sostenuti. A renderlo possibile era il dipendente della segreteria didattica dell’università Marcello Francesco (condannato a tre anni di reclusione), che si faceva pagare per falsificare statini, facendo risultare come superati esami mai sostenuti . Per 65 volte lo aveva fatto senza essere scoperto. Ma la Magna Graecia non ci sta ad affondare nello scandalo. Motivo per cui il Prorettore dell’università Luigi Ventura, preside della facoltà di Giurisprudenza, racconta l’episodio della laureanda in Economia: «Subito dopo aver notato l’anomalia di quella studentessa abbiamo istituito un comitato tecnico – spiega – Abbiamo verificato altri tre casi simili, e denunciato gli episodi alla Procura della Repubblica affinché indagasse su come avvenivano le falsificazioni degli esami. Siamo stati in assoluto il primo ente che si è auto-denunciato, pur consapevoli di ciò a cui quest’azione avrebbe portato». Il maxifascicolo dello scandalo vede iscritte nel registro degli indagati 68 persone. Le accuse spaziano dall’associazione per delinquere al furto aggravato. E poi, ancora: abuso d’ufficio, peculato, corruzione e falsità materiale e ideologica. L’ateneo istituisce una commissione disciplinare. L’ateneo ha istituito nei giorni scorsi una commissione disciplinare per esaminare la posizione di studenti e laureati coinvolti nell’inchiesta, e si è costituito parte civile: «Su studenti e laureati abbiamo poteri disciplinari – continua Ventura – Possiamo annullare esami e lauree e sospendere gli studenti fino a tre anni. In realtà ciò che vorremmo fare sarebbe espellerli, ma l’ordinamento non ce lo consente». Il furto dei test di ammissione a Medicina. Un’altra tranche dell’indagine riguarda il furto dei test di ammissione alla facoltà di Medicina: i magistrati hanno chiesto tre mesi di proroga per smantellare la rete di complicità che si nasconderebbe dietro le dichiarazioni dell’impiegato informatico Antonio Cuteri e dell’addetto alle pulizie e vigilanza delle aule Walter Mancuso, entrambi coinvolti e che verranno giudicati ad aprile. Anche in questo caso il prorettore Ventura vuole sottolineare l’immediatezza della denuncia: «Ero all’università nel pomeriggio in cui il Rettore si accorse di ciò che era successo – dice – l’indomani mattina eravamo in Procura per denunciare l’accaduto. Quello che dispiace è veder coinvolti in questi scandali e sporcati dal fango che ci è stato gettato addosso i professori, e gli studenti estranei a queste manovre che hanno sempre studiato e si sono sempre dati da fare». Le iscrizioni non calano. Ma gli scandali non scoraggiano le immatricolazioni. Negli ultimi due anni, infatti, le iscrizioni alla Magna Graecia non sono diminuite: «Abbiamo quattromila iscritti e richieste crescenti – conclude Ventura – Anche nella facoltà più colpita dallo scandalo, quella di Giurisprudenza: ogni anno con il numero chiuso prevediamo 600 ingressi, ma le richieste superano sempre il tetto delle ammissioni».


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Antitrust: professionisti, caste chiuse

Secondo l’indagine dell’Antitrust gli ordini professionali agiscono come caste, detengono privilegi ingiustificati e sono restie al cambiamento.

Conclusa l'indagine conoscitiva dell'Antitrust su 13 ordini professionali partita nel gennaio 2007. Ne esce un quadro preoccupante: categorie poco propense al cambiamento e all'introduzione nei codici deontologici di innovazione, necessari per aumentare la spinta competitiva nei singoli comparti. Stiamo parlando degli ordini professionali di architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili. Il loro comportamento sarebbe assimilabile, secondo l'organismo di vigilanza sulla concorrenza, a quello delle caste, detentrici di privilegi ingiustificati – permessi da una regolamentazione normativa unica in Europa - ed estremamente reticenti al cambiamento.
Più in particolare, le 13 categorie professionali in esame non avrebbero colto le opportunità di crescita offerte dalla liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, dalla possibilità di costituire società multidisciplinari e di fare pubblicità informativa. Al contrario, queste sarebbero state viste addirittura come ostacoli allo svolgimento della propria attività. Poche le eccezioni positive: a geometri, dottori commercialisti, periti industriali e farmacisti, l'Antitrust ha riconosciuto il merito di aver «adeguato i codici deontologici in materia di determinazione del compenso professionale ai principi concorrenziali». L'Antitrust lancia quindi il monito agli ordini professionali, esortandoli a non perdere altro tempo per adeguarsi alle normative europee.
Il Garante suggerisce inoltre di l'utilizzo di strumenti legislativi per combattere l'immobilismo degli ordini. Tra quelli più urgenti viene indicata la necessità di creare dei percorsi di accesso alle professioni più agevoli, mediante corsi universitari e tirocini studiati sulle reali esigenze di apprendimento e con un limite di tempo predeterminato. Andrebbe inoltre rafforzata la nozione di "decoro professionale" al fine di incentivare la concorrenza tra professionisti e la correttezza professionale nei confronti della clientela. Secondo l'Associazione dei Consumatori Aduc e i Giovani Avvocati, ogni tentativo di riforma degli ordini professionali sarebbe inutile: l'unico modo per "democratizzare offerte e domande" è abolirli del tutto.
di Noemi Ricci - lunedì 23 marzo 2009
Fonte: http://www.pmi.it/lavoro-e-imprenditoria/news/4605/antitrust-professionisti-caste-chiuse.html

L'Antitrust critica gli ordini professionali - Agiscono come caste
Da un'indagine emergono forti resistenze ai principi di liberalizzazione da parte dei liberi professionisti.Milano – Secondo l'Antitrust medici, architetti, giornalisti, psicologi, odontoiatri, avvocati, notai, commercialisti ed esperti contabili agiscono come caste, godono di privilegi senza regole e contrastano fortemente il cambiamento. Dall'indagine condotta lo scorso gennaio è emersa chiara la posizione degli ordini professionali, i quali si oppongono alle naturali innovazioni che i loro codici deontologici necessitano per poter alimentare una sana e giusta concorrenza al loro interno.
L'Authority ha invitato questi ordini ad adeguarsi al più presto alle direttive europee lasciando spazio alle trasformazioni necessarie per uscire dalla immobilità nella quale stagnano; un buon inizio potrebbe essere rappresentato dall'introduzione di percorsi meno tortuosi per accedere alle professioni, dalla liberalizzazione delle tariffe, dalla pubblicità informativa e dalla possibilità di costituire società multidisciplinari.
"Tutto questo è sentito come un pericolo dalle categorie che non riescono ad intravedere la grande opportunità di crescita in competitività", ha commentato il Garante che confida in un intervento da parte del Legislatore nella definitiva abolizione delle tariffe minime o fisse ancora presenti nella legge Bersani del 2006.
Valentina Matera
L’Antitrust: "Ordini professionali agiscono come caste"
Architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili. Ordini professionali che, secondo l’Antitrust, agiscono come delle "caste". Con privilegi ingiustificati e un’elevata resistenza al cambiamento. L’organismo che vigila sulla concorrenza ha terminato un’indagine in corso dal 2007 sugli ordini professionali. E per il garante il risultato è preoccupante: "Dall’indagine conoscitiva su 13 ordini professionali, avviata a gennaio 2007 e emerge una scarsa propensione delle categorie, sia pur con positive eccezioni, ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all’interno dei singoli comparti'’. Anzi, ‘’la liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari - si legge nelle conclusioni - non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione'’. Gli ordini, secondo l’Antitrust, non possono più tardare nell’adeguarsi alle normative europee. Così il garante invita ad agire con gli strumenti legislativi contro l’immobilismo degli ordini. E propone alcune modifiche "necessarie", come "prevedere percorsi più agevoli di accesso alle professioni" attraverso corsi universitari e "tirocinii proporzionati alle effettive esigenze di apprendimento", non stage infiniti. Sarebbe poi giusto, secondo l’organismo, che la nozione di "decoro professionale" sia "elemento che incentivi la concorrenza tra professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per guidare i comportamenti economici dei professionisti".Secondo l’associazione dei consumatori Aduc, le parole dell’Antitrust "rendono giustizia di una situazione sotto gli occhi di tutti: i tentativi di riforma degli ordini sono inutili. Quand’anche qualcosa dovesse apparire, si tratterebbe comunque di fumo negli occhi. Solo la loro abolizione potrebbe democratizzare offerte e domande'’.

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Esame 2008. Palermo. Clima da mercato.

Esame truffa a Palermo. Candidati temono ritorsioni e non denunciano alla Procura della Repubblica. Ma un gruppo di loro sta raccogliendo memorie e testimonianze.

In occassione degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense 2008, presso un plesso di Viale delle Scienze di Palermo, si sono svolte le tre prove scritte. Ero tra le candidate. Sconvolgente il clima da mercato che ho respirato. Spudoratamente infatti commissari davano pizzini e appunti ai candidati, spiegavano, indicavano rassegne, risolvevano i quesiti. Le tracce del Ministero non richiedevano grandi sforzi e penso, spero, che supererò l’esame. Ora le chiedo: perché non viene abolito questo esame che offende la mia intelligenza, turba il mio carattere e mette in gretta evidenza la vera stoffa di luminari con il cognome d’oro e che sono altresì condottieri della raccomandazione, dell’inciucio, dell’imbroglio e dell’illecito? Adesso mi viene da ridere, ma mi creda, là in quella sede di esami mi sono vergognata perché ho copiato anch’io. La maggiorparte degli scopiazzatori in verità è gente onesta che si arrangia e si adatta in qualche maniera alla sfrontata e senza riserve corazzata dei raccomandati che il compito lo ricevono già in bella copia. Può un commissario svolgere il tema in sostituzione del candidato? Denuncio il fatto o mi disinteresso alla cosa?

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2001. Così la Gelmini diventò avvocato

Nella città calabrese l'anno precedente il record di ammessi con il 93 per cento. Da Brescia a Reggio Calabria. Così la Gelmini diventò avvocato. L'esame di abilitazione all'albo nel 2001. Il ministro dell'Istruzione: «Dovevo lavorare subito».


Novantatré per cento di ammessi agli orali! Come resistere alla tentazione? E così, tra i furbetti che nel 2001 scesero dal profondo Nord a fare gli esami da avvocato a Reggio Calabria si infilò anche Mariastella Gelmini. Ignara delle polemiche che, nelle vesti di ministro, avrebbe sollevato con i (giusti) sermoni sulla necessità di ripristinare il merito e la denuncia delle condizioni in cui versano le scuole meridionali. Scuole disastrose in tutte le classifiche «scientifiche» internazionali a dispetto della generosità con cui a fine anno vengono quasi tutti promossi.
La notizia, stupefacente proprio per lo strascico di polemiche sulla preparazione, la permissività, la necessità di corsi di aggiornamento, il bagaglio culturale dei professori del Mezzogiorno, polemiche che hanno visto battagliare, sull'uno o sull'altro fronte, gran parte delle intelligenze italiane, è stata data nella sua rubrica su laStampa.it da Flavia Amabile. La reazione degli internauti che l'hanno intercettata è facile da immaginare. Una per tutti, quella di Peppino Calabrese: «Un po' di dignità ministro: si dimetta!!» Direte: possibile che sia tutto vero? La risposta è nello stesso blog della giornalista. Dove la Gelmini ammette. E spiega le sue ragioni.
Un passo indietro. È il 2001. Mariastella, astro nascente di Forza Italia, presidente del consiglio comunale di Desenzano ma non ancora lanciata come assessore al Territorio della provincia di Brescia, consigliere regionale lombarda, coordinatrice azzurra per la Lombardia, è una giovane e ambiziosa laureata in giurisprudenza che deve affrontare uno dei passaggi più delicati: l'esame di Stato.
Per diventare avvocati, infatti, non basta la laurea. Occorre iscriversi all'albo dei praticanti procuratori, passare due anni nello studio di un avvocato, «battere» i tribunali per accumulare esperienza, raccogliere via via su un libretto i timbri dei cancellieri che accertino l'effettiva frequenza alle udienze e infine superare appunto l'esame indetto anno per anno nelle sedi regionali delle corti d'Appello con una prova scritta (tre temi: diritto penale, civile e pratica di atti giudiziari) e una (successiva) prova orale. Un ostacolo vero. Sul quale si infrangono le speranze, mediamente, della metà dei concorrenti. La media nazionale, però, vale e non vale. Tradizionalmente ostico in larga parte delle sedi settentrionali, con picchi del 94% di respinti, l'esame è infatti facile o addirittura facilissimo in alcune sedi meridionali.
Un esempio? Catanzaro. Dove negli anni Novanta l'«esamificio» diventa via via una industria. I circa 250 posti nei cinque alberghi cittadini vengono bloccati con mesi d'anticipo, nascono bed&breakfast per accogliere i pellegrini giudiziari, riaprono in pieno inverno i villaggi sulla costa che a volte propongono un pacchetto «all-included»: camera, colazione, cena e minibus andata ritorno per la sede dell'esame.Ma proprio alla vigilia del turno della Gelmini scoppia lo scandalo dell'esame taroccato nella sede d'Appello catanzarese. Inchiesta della magistratura: come hanno fatto 2.295 su 2.301 partecipanti, a fare esattamente lo stesso identico compito perfino, in tantissimi casi, con lo stesso errore («recisamente» al posto di «precisamente», con la «p» iniziale cancellata) come se si fosse corretto al volo chi stava dettando la soluzione? Polemiche roventi. Commissari in trincea: «I candidati — giura il presidente della «corte» forense Francesco Granata — avevano perso qualsiasi autocontrollo, erano come impazziti». «Come vuole che sia andata? — spiega anonimamente una dei concorrenti imbroglioni —. Entra un commissario e fa: "Scrivete". E comincia a dettare il tema. Bello e fatto. Piano piano. Per dar modo a tutti di non perdere il filo».
Le polemiche si trascinano per mesi e mesi al punto che il governo Berlusconi non vede alternative: occorre riformare il sistema con cui si fanno questi esami. Un paio di anni e nel 2003 verrà varata, per le sessioni successive, una nuova regola: gli esami saranno giudicati estraendo a sorte le commissioni così che i compiti pugliesi possano essere corretti in Liguria o quelli sardi in Friuli e così via. Riforma sacrosanta. Che già al primo anno rovescerà tradizioni consolidate: gli aspiranti avvocati lombardi ad esempio, valutati da commissari d'esame napoletani, vedranno la loro quota di idonei raddoppiare dal 30 al 69%.Per contro, i messinesi esaminati a Brescia saranno falciati del 34% o i reggini ad Ancona del 37%. Quanto a Catanzaro, dopo certi record arrivati al 94% di promossi, ecco il crollo: un quinto degli ammessi precedenti.
In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 la Gelmini si trova dunque a scegliere, spiegherà a Flavia Amabile: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria».I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme.
Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». Del resto, aggiunge, lei ha «una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento». Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? «Assolutamente regolare». Non severissimo, diciamo, neppure in quella sessione. Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Così facevan tutti, dice Mariastella Gelmini. Da oggi, dopo la scoperta che anche lei si è infilata tra i furbetti che cercavano l'esame facile, le sarà però un po' più difficile invocare il ripristino del merito, della severità, dell'importanza educativa di una scuola che sappia farsi rispettare. Tutte battaglie giuste. Giustissime. Ma anche chi condivide le scelte sul grembiule, sul sette in condotta, sull'imposizione dell'educazione civica e perfino sulla necessità di mettere mano con coraggio alla scuola a partire da quella meridionale, non può che chiedersi: non sarebbero battaglie meno difficili se perfino chi le ingaggia non avesse cercato la scorciatoia facile?

Gian Antonio Stella - 04 settembre 2008

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Esami avvocato 2007, le tracce on line in tempo reale

Le tracce d'esame e le relative soluzioni in tempo reale su internet. Per la serie "ti piace vincere facile?" l'ultima barriera di decenza è sfondata da telefoni e palmari connessi alla rete presenti nelle aule d'esame.

«Uno scandalo senza precedenti», «un fatto inammissibile». Quello che è successo nei giorni scorsi potrebbe portare all'invalidazione dell'esame di stato per avvocati. Una possibilità molto remota, in verità, perché dimostrare effettivamente una fuga di notizie non sarà facile. Ma non è la prima volta che le tracce di prove d'esame arrivino velocemente on line, spesso a pochi minuti dall'apertura di buste sigillate di cui nessuno o quasi, dovrebbe conoscere il contenuto. Ed è proprio in quegli stanti che parte poi il tam tam per risolvere i quesiti e aiutare chi è in aula e (non si capisce mai bene come) passargli la soluzione.
La denuncia questa volta arriva dall'Anpa, l'associazione nazionale praticanti e avvocati che chiede anche le dimissioni immediate del presidente del Consiglio nazionale forense, l'organo che ha indicato i commissari d'esame. Secondo l'Anpa , nei giorni della prova d'esame sul forum del sito www.praticanti.com, accessibile con una registrazione gratuita, sono filtrate le tracce «quasi in contemporanea con le letture nelle sedi di esame».Da quel momento è partita sullo stesso forum la diffusione di materiale utile «anche in favore di alcuni candidati presenti all'esame». L'Anpa, quindi, sembra accorgersene solo ora. Ma già nel 2005 il nostro quotidiano aveva realizzato una inchiesta in cui si mostrava come ormai i siti internet tematici erano un ottimo spunto per chi si trovava in difficoltà.
Due anni fa, infatti, in uno dei tanti forum già alle 10.23 qualcuno diede la soffiata: «una delle tracce ha come tema la violenza sessuale. Passano pochi minuti e alle 10.29 non solo si apprendono maggiori dettagli e si parla di violenza sessuale di gruppo ma arrivano informazione anche sull'altra traccia: responsabilità medica, qualcuno dice. Alle 10.38 arriva la notizia ufficiale», avevamo scritto nel nostro articolo, «uno dei compiti parla dello stupro di gruppo, c'è anche chi rivela «la storia di Desirè uccisa a Leno…per intenderci». Alle 10 e 46 e un altro utente è già pronto con i riferimenti della sentenza: la scrive e gli altri utenti ringraziano». In questi due anni in cui la denuncia era stata già fatta gli organi competenti che potevano indagare e fermare lo strano fenomeno non hanno fatto nulla. I giovanissimi, invece, si sono velocizzati e hanno preso sempre più confidenza con quella che è diventata la nuova frontiera del copiare facile.
13/12/2007

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Esame Catanzaro 1998: niente processo

E' giusto che si sappia come molti nel 1998 abbiano ottenuto l'abilitazione.
Chiesta una multa di 3 milioni e mezzo per i candidati che copiarono.


Il Corriere della Sera di venerdì 23 marzo 2001 ha pubblicato la notizia della richiesta di una multa e della rinuncia al processo a carico dei candidati all'esame che si è svolto nel 1998 a Catanzaro. Dopo mesi di indagini, i sostituti procuratori Roberta Zinno e Francesco Raffaele si sono arresi di fronte all’impossibilità di procedere nei confronti dei 2.210 candidati che avevano copiato durante l’esame di abilitazione alla professione di avvocato di Catanzaro.I due giudici hanno così chiesto al capo dell’ufficio Gip, Antonio Baudi, di firmare un decreto penale di condanna al pagamento di una multa di 3 milioni e mezzo di lire. La richiesta dei giudici scaturisce dalla consapevolezza che un processo a carico di 2.210 imputati, con tutta la serie di ricorsi e opposizioni conseguenti, difficilmente avrebbe potuto essere portato a termine senza cadere in prescrizione. Per non vanificare completamente le indagini e il lavoro della procura e della Guardia di Finanza, i sostituti procuratori hanno deciso di ricorrere al decreto penale: così anche se non compariranno di fronte al giudice, gli imputati, che nel frattempo sono stati promossi in massa all’esame del 1998, dovranno almeno pagare una multa.

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Esame 2004, Catanzaro è un paradiso perduto

Dopo gli scandali, esami corretti altrove: crollano i promossi al Sud. L’espediente di chi ricorre al Tar per fare gli orali nel proprio distretto


Ci hanno messo una vita, sotto il Vesuvio, a correggere i compiti svolti a metà di dicembre del 2004 dai 3.078 giovani del distretto giudiziario di Milano. A giugno, quando già la parallela commissione ambrogina avevano finito di esaminare le prove dei 3.428 (quasi quattrocento in più) campani, loro erano ancora lì, chini a faticare su una enorme pila di documenti da vagliare. Finché, di proroga in proroga, hanno finito il lavoro a metà settembre. «Ci siamo?», hanno chiesto da su. «Ci siamo», han risposto da giù. E il camion blindato carico delle buste con le prove scritte valutate nel capoluogo lombardo è partito per il golfo per scambiare finalmente i risultati. Macché, porte chiuse: «Desolatissimi, ma oggi è la festa di San Gennaro». Sosta.
Riposo. Scarico. Carico. E rientro. Il camion arriverà a Milano stamattina, nove mesi dopo il «concepimento» dei temi, mentre gli esami orali nel resto d’Italia sono in corso da settimane. Ma già si sa, dicevamo, come è andata: 2.137 ammessi alla seconda prova. Record di tutti i tempi.
Con un aumento del 39,35%. Tutti fenomeni. Mentre sul versante opposto dev’essere stata un’ondata di ciucci: i candidati dell’anno scorso, esaminati nella città campana, avevano passato gli scritti nel 68,64% dei casi. Questa volta, spostati da Posillipo alla Fiera meneghina, sono usciti male: 55% di bocciati. Con un aumento dei respinti del 23%. E qui il tema va rovesciato: possibile che fossero così scarsi? O piuttosto, insistiamo, c’è qualcosa di marcio nel sistema? «Sono esami da non fare mai più», risponde l’avvocato varesino Ferruccio Zuccaro, che della commissione milanese è stato il presidente.
Troppe variabili. Un gioco del Lotto senza la Smorfia: dove cadi cadi. Una delle sub-commissioni napoletane, la VI, ha promosso il 94% dei suoi 300 candidati. Una delle milanesi, la XIII, ne ha bocciati il 79,1%. E non è finita, ride polemico Zuccaro: «Agli orali ogni sotto-commissione dovrebbe ogni mattina predisporre un numero di domande da fare ai candidati pari al triplo dei candidati stessi. Dopodiché l’aspirante avvocato dovrebbe estrarre le sue due domande e noi dovremmo interrogarlo solo su quelle. Un delirio. Ma la puoi davvero valutare così, la gente?». E tutto perché? «Perché questo è uno Stato che non si fida neanche di se stesso. Per cosa, poi... Tanto vale tornare ai quiz».
Poco ma sicuro. Il forum sarannoavvocati.it ospitava ieri una lettera firmata «Stronzetto»: «Ciao a tutti, ho appena passato l’orale con una bella raccomandazione. Che goduria... in culo a tutti quelli che non hanno passato lo scritto... marcite sui libri. Si sa che il mondo è fatto a scale, ma qualcuno prende l’ascensore...».
Non bastasse, fedele al motto «fatta la legge, trovato l’inganno», c’è chi ha già scoperto come uscire dall’impasse. E i Tar di mezza Italia cominciano a essere sommersi dai ricorsi di chi non è stato ammesso. In soldoni: se fai ricorso i giudici amministrativi non possono per legge entrare nel merito della tua prova scritta. Possono però accettare le tue proteste su un vizio formale e ammetterti con riserva all’orale. Orale che fai non più in trasferta ma nella tua sede naturale: Napoli, Catania, Torino, Campobasso... Dove insomma possono tornare in gioco quelle variabili esterne che le novità decise da Roberto Castelli dopo lo scandalo degli esami truccati di Catanzaro volevano eliminare. E una volta passati gli orali, davvero qualcuno ti farà rifare gli scritti? Certo è che la tabella definitiva dei promossi e dei bocciati che pubblichiamo è stupefacente. I trentini esaminati a Caltanissetta guadagnano 20 punti, i liguri a Salerno 26, i toscani a Catanzaro 38, i marchigiani a Reggio Calabria 15... Altrove è invece un massacro: i messinesi esaminati a Brescia subiscono una falciatura del 34%, i lucani a Perugia del 26%, gli umbri a Campobasso del 38%, i reggini ad Ancona del 37%, i salernitani a Messina del 41%. Per un calo complessivo in tutta Italia (senza i dati di Milano e Napoli, troppo freschi) di quasi il 23%.
La vera ecatombe, però, è a Catanzaro. Era un paradiso, per chi voleva passare l’esame. C’erano studi legali che accettavano frotte di giovanotti desiderosi di fare lì il praticantato di due anni e talora fornivan loro perfino l’indirizzo per la residenza. Cancellieri che ti firmavano le presenze senza puzze sotto il naso. Alberghi e villaggi sulla costa che ti offrivano la formula «tutto compreso» (vitto, alloggio e pulmino per andare e tornare dalle sedi d’esame). Night-club che organizzavano «Lawyers Party». Ma soprattutto c’era un tasso di promozioni stupefacente. Che un anno arrivò all’esatto opposto di Milano: 94% di bocciati sotto la Madonnina, 94% di promossi lì.
Finché, appunto, esagerarono. E nell’estate del 2000 emerse da un’inchiesta che all’esame del dicembre 1997 su 2.301 partecipanti ben 2.295 (tutti meno 6) avevano copiato. Parola per parola. Il locale ordine degli avvocati, davanti allo scandalo, strillò contro i giornali del Nord: «ferocia demolitrice». Il Corriere della sera pubblicò le confidenze di una candidata: «Come vuole che sia andata? Entra un commissario e fa: "Scrivete". E comincia a dettare, lentamente». Paura? Macché: «Non ci possono fare niente. Siamo troppi».
Aveva ragione. Anni di inchieste e di polemiche, poi prescrizione per tutti. La pubblicità dello scandalo (che vergogna...) fece addirittura aumentare gli arrivi. E agli scritti del dicembre 2003, gli ultimi prima del cambio di sistema col dirottamento al Nord dei temi da esaminare, i candidati dell’Avvocatificio catanzarese furono 3.261 (mille in più rispetto a prima dello scandalo) e gli ammessi 2.768. Quanti Veneto, Piemonte, Val d’Aosta, Umbria, Liguria, Toscana e Marche messi insieme. Cinque volte di più degli ammessi (609) di quest’anno coi compiti esaminati a Firenze. «Ferocia demolitrice»?
Corriere della SeraGian Antonio Stella21 settembre 2005

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DL 21 maggio 2003, n. 112

DECRETO-LEGGE 21 maggio 2003, n. 112 ( coordinato e modificato dalla legge di conversione n. 180/2003 )
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2003 eripubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 21 luglio 2003)
MODIFICHE URGENTI ALLA DISCIPLINA DEGLI ESAMI DI ABILITAZIONE ALLA PROFESSIONE FORENSE

Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di modificare le disposizioni concernenti l’effettuazione della pratica forense e dell’esame di abilitazione alla professione legale, al fine di razionalizzare lo svolgimento ed i contenuti della prova d’esame ed evitare, altresì, fin dalla prossima sessione, il persistere della costante e significativa disomogeneità tra le percentuali di promossi nelle diverse sedi d’esame;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 maggio 2003;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
Emana il seguente decreto-legge:
Art. 1.
Modifica dell’articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n. 101

1. L’articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n. 101, é sostituito dal seguente:
“Art. 9 (Certificato di compimento della pratica).
1. Il certificato di compiuta pratica di cui all’articolo 10 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, viene rilasciato dal consiglio dell’ordine del luogo ove il praticante ha svolto la maggior parte della pratica ovvero, in caso di parità, del luogo in cui la pratica é stata iniziata. Il certificato di compiuta pratica non può essere rilasciato più di una volta.
2. In caso di trasferimento del praticante, il consiglio dell’ordine di provenienza certifica l’avvenuto accertamento sui precedenti periodi.
3. Il certificato di cui ai commi 1 e 2 individua la Corte di appello presso cui il praticante può sostenere gli esami di avvocato“.
1. bis. “Fino al 31 dicembre 2003, il certificato di cui all’articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n. 101, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è rilasciato dal consiglio dell’ordine del luogo ove il praticante risulta essere iscritto alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Art. 1-bis.
Modifica dell’articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36

1. L’articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, è sostituito dal seguente:
“Art. 22.
1. Gli esami di avvocato hanno luogo contemporaneamente presso ciascuna Corte di appello.
2. I temi per ciascuna prova sono dati dal Ministro della giustizia.
3. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanare non oltre trenta giorni dalla pubblicazione del decreto contenente il bando di esame, è nominata la commissione composta da cinque membri titolari e cinque supplenti, dei quali due titolari e due supplenti sono avvocati, iscritti da almeno dodici anni all’Albo degli avvocati; due titolari e due supplenti sono magistrati, con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; un titolare ed un supplente sono professori ordinari o associati di materie giuridiche presso un’università della Repubblica ovvero presso un istituto superiore. La commissione ha sede presso il Ministero della giustizia. Per le funzioni di segretario, il Ministro nomina un dipendente dell’Amministrazione, appartenente all’area C del personale amministrativo, come delineata dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999.
4. Con il medesimo decreto di cui al comma 3, presso ogni sede di Corte di appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al medesimo comma 3.
5. Il Ministro della giustizia nomina per la commissione e per ogni sottocommissione il presidente e il vicepresidente tra i componenti avvocati. l supplenti intervengono nella commissione e nelle sottocommissioni in sostituzione di qualsiasi membro effettivo.
6. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni sono designati dal Consiglio nazionale forense, su proposta congiunta dei consigli dell’ordine di ciascun distretto, assicurando la presenza in ogni sottocommissione, a rotazione annuale, di almeno un avvocato per ogni consiglio dell’ordine del distretto. Non possono essere designati avvocati che siano membri dei consigli dell’ordine o rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni non possono candidarsi ai rispettivi consigli dell’ordine e alla carica di rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense alle elezioni immediatamente successive all’incarico ricoperto. I magistrati sono nominati nell’ambito delle indicazioni fornite dai presidenti delle Corti di appello.
7. Qualora il numero dei candidati che hanno presentato la domanda di ammissione superi le trecento unità presso ciascuna Corte di appello, con decreto del Ministro della giustizia da emanare prima dell’espletamento delle prove scritte, sono nominate ulteriori sottocommissioni, costituite ciascuna da un numero di componenti pari a quello della sottocommissione nominata ai sensi del comma 4 e da un segretario aggiunto.
8. A ciascuna sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiore a trecento.
9. La commissione istituita presso il Ministero della giustizia definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle prove orali e il presidente ne dà comunicazione alle sottocommissioni. La commissione è comunque tenuta a comunicare i seguenti criteri di valutazione:
a. chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione;
b. dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
c. dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
d. dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;
e. relativamente all’atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione.

10. Nel caso in cui siano state rilevate irregolarità formali, le sottocommissioni comunicano i provvedimenti adottati alla commissione, che se ne avvale ai fini della individuazione della definizione della linea difensiva dell’Amministrazione in sede di contenzioso”.
2. Le disposizioni di cui al secondo e al terzo periodo del comma 6 dell’articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, trovano applicazione con riferimento alla commissione e alle sottocommissioni nominate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 1-ter.
Modifica all’articolo 16 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37

1. All’articolo 16, primo comma, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, le parole: “alla commissione esaminatrice” sono sostituite dalle seguenti: “alla sottocommissione istituita ai sensi dell’articolo 22, comma 4, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni”.
Art. 2.
Modifiche all’articolo 15 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37
01. All’articolo 15 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, il terzo comma è abrogato.
02. All’articolo 15, quarto comma, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, la parola: “commissioni” è sostituita dalla seguente: “sottocommissioni” .
1. “All’articolo 15 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, dopo il quarto comma, sono inseriti i seguenti:
“Con successivo decreto, il Ministro della giustizia determina, mediante sorteggio, gli abbinamenti tra i candidati individuati ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n. 101, e successive modificazioni, e le sedi di Corte di appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti.
Il sorteggio di cui al comma precedente è effettuato previo raggruppamento delle sedi di Corte di appello che presentino un numero di domande di ammissione sufficientemente omogeneo, al fine di garantire l’adeguatezza tra la composizione delle sottocommissioni d’esame e il numero dei candidati di ciascuna sede.
La prova orale ha luogo nella medesima sede della prova scritta”".
Art. 3.
Modifiche all’articolo 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37
1. All’articolo 23 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, sono premessi i seguenti commi:
“Esaurite le operazioni di cui all’articolo 22, i presidenti delle sottocommissioni di cui all’articolo 22, comma 4, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, ne danno comunicazione al presidente della Corte di appello il quale, anche per il tramite di persona incaricata, dispone il trasferimento delle buste contenenti gli elaborati redatti dai candidati alla Corte di appello individuata ai sensi dell’articolo 15, commi quarto e quinto, presso la quale deve essere effettuata la correzione, a mezzo di consegna all’ispettore di polizia penitenziaria appositamente delegato dal Capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Il presidente della Corte di appello individuata ai sensi dell’articolo 15, commi quarto e quinto, presso la quale deve essere effettuata la correzione, riceve, anche per il tramite di persona incaricata, le buste contenenti gli elaborati e ne ordina la consegna ai presidenti delle sottocommissioni, i quali, attestato il corretto ricevimento delle buste, dispongono l’inizio delle operazioni di revisione degli elaborati ivi contenuti.
All’esito delle operazioni di correzione degli elaborati, il presidente della Corte di appello individuata ai sensi dell’articolo 15, commi quarto e quinto, riceve dai presidenti delle sottocommissioni di cui all’articolo 22, comma 4, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, le buste contenenti gli elaborati, i relativi verbali attestanti le operazioni di correzione e i giudizi espressi, e ne dispone il trasferimento alla Corte di appello di appartenenza dei candidati, presso la quale ha luogo la prova orale. Il trasferimento è effettuato con le modalità indicate nei commi precedenti”.
Art. 4.
Modifiche all’articolo 21 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37
(Soppresso)
Art. 5.
Modifiche all’articolo 17-bis del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37
1. All’articolo 17-bis, comma 3, lettera a), del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, dopo le parole: “diritto ecclesiastico” sono aggiunte le seguenti: “e diritto comunitario”.
Art. 5-bis.
Norma di coordinamento

1. Salvo che sia diversamente previsto dal presente decreto e salvo i casi di abrogazione per incompatibilità, nel regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e nel regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, il riferimento alla commissione esaminatrice si intende alla sottocommissione esaminatrice”.
Art. 6.
Modifiche all’articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578
(Soppresso)
Art. 6-bis.
Esame di abilitazione alla professione forense presso la Corte di appello di Trento

1. Per l’esame di abilitazione alla professione forense presso la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, non si applicano gli articoli 2 e 3 del presente decreto. Restano ferme le disposizioni previste dagli articoli 99 e 100 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e dal decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, anche per la composizione della sottocommissione di cui all’articolo 22, comma 4, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, come sostituito dall’articolo 1-bis del presente decreto.
Art. 6-ter.
Disposizioni finali

1. Le disposizioni previste dagli articoli 1-bis, 1-ter, 2, 3, 5-bis e 6-bis non si applicano alla prima sessione di esame successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Non possono essere designati a componenti della commissione e delle sottocommissioni avvocati che siano membri dei consigli dell’ordine o rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni non possono candidarsi ai rispettivi consigli dell’ordine e alla carica di rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense alle elezioni immediatamente successive all’incarico ricoperto. I magistrati sono nominati nell’ambito delle indicazioni fornite dai presidenti delle Corti di appello”.
Art. 7.
Norma di copertura
1. Per il funzionamento della commissione di cui all’articolo 1-bis è autorizzata la spesa di 9.264 euro annui a decorrere dal 2004.
1. bis. Per le operazioni concernenti l’invio degli elaborati di cui all’articolo 3 è autorizzata la spesa di 34.144 euro annui a decorrere dal 2004.
1. ter. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 43.408 euro annui a decorrere dal 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2004 e 2005 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 8.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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L. 24 FEBBRAIO 1997, n. 27

LEGGE 24 FEBBRAIO 1997, n. 27 (GU n. 048 del 27/02/1997)SOPPRESSIONE DELL’ALBO DEI PROCURATORI LEGALI E NORME IN MATERIA DI ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE.
Preambolo
LA CAMERA DEI DEPUTATI ED IL SENATO DELLA REPUBBLICA HANNO APPROVATO;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
LA SEGUENTE LEGGE:
Art. 1. Soppressione dell’albo
1 . L’albo dei procuratori legali è soppresso.
Art. 2. Iscrizione all’albo degli avvocati
1 . I procuratori legali che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono iscritti nel relativo albo sono iscritti d’ufficio nell’albo degli avvocati.
2 . L’anzianità a tutti gli effetti decorre dalla data di iscrizione all’albo dei procuratori legali.
3 . Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i titoli necessari per la iscrizione all’albo dei procuratori legali secondo le disposizioni di cui al regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, ed al regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, e successive modificazioni, consentono la iscrizione all’albo degli avvocati.
4 . Restano ferme le disposizioni che regolano le iscrizioni di diritto all’albo degli avvocati e all’albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
Art. 3. Sostituzione del termine “procuratore legale”
1 . Il termine “procuratore legale” contenuto in disposizioni legislative vigenti si intende sostituito con il termine “avvocato”.
Art. 4. Termini temporali relativi alla iscrizione all’albo per il patrocinio davanti alla corte di cassazione
1 . Il periodo di esercizio della professione di avvocato necessario per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla corte di cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori ai sensi dell’articolo 33, secondo comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, è di dodici anni.
2 . Per coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti all’albo dei procuratori legali ovvero all’albo degli avvocati, si considera, ai fini del termine di cui al comma 1, anche il periodo di esercizio della professione di procuratore.Tuttavia, se più favorevole, il termine di cui al comma 1 è ridotto a sette anni e decorre dalla iscrizione all’albo degli avvocati per coloro che hanno conseguito l’iscrizione a tale albo mediante il superamento dell’esame previsto dall’articolo 28 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36.
3 . Il periodo di esercizio della professione di avvocato, previsto dall’articolo 3 della legge 28 maggio 1936, n. 1003, per l’ammissione all’esame per l’iscrizione all’albo speciale è elevato a cinque anni. Per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono iscritti nell’albo dei procuratori legali ovvero degli avvocati da meno di un anno, l’esercizio della professione di procuratore si considera, ai fini del termine di cui al precedente periodo, equipollente all’esercizio della professione di avvocato.Per coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti all’albo degli avvocati, il termine per l’ammissione all’esame rimane di un anno decorrente dalla iscrizione a detto albo.
Art. 5. Norme riguardanti la residenza e norme di coordinamento
1 . L’articolo 17, primo comma, numero 7 , del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, è sostituito dal seguente:“7 avere la residenza nella circoscrizione del tribunale nel cui albo l’iscrizione è domandata”.
2 . Il termine di cui all’articolo 14, primo comma, numero 6, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, è aumentato a otto anni.
3 . Alla lettera e) del primo comma dell’articolo 1 della legge 20 giugno 1955, n. 519, le parole: “non inferiore ad un anno” sono sostituite dalle seguenti: “non inferiore a sei anni”.
Art. 6. Abrogazione di norme incompatibili
1 . Sono abrogati gli articoli 2, primo comma, 5, 6, 27, 28 e 29 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nonché gli articoli 31, 32, 33 e 34 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, e successive modificazioni.
2 . È altresì abrogata ogni altra disposizione di legge o di regolamento incompatibile con le disposizioni della presente legge.
Art. 7. Entrata in vigore
1 . La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale della repubblica italiana.La presente legge, munita del sigillo dello stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale degli atti normativi della repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello stato.
Lavori preparatori
Lavori preparatori camera dei deputati (atto n. 374): presentato dall’on. Cesetti il 9 maggio 1996. Assegnato alla ii commissione (giustizia), in sede referente, il 16 luglio 1996, con pareri delle commissioni i, v e xi. Esaminato dalla ii commissione, in sede referente, il 1 agosto, 11 e 12 settembre 1996. Assegnato nuovamente alla ii commissione, in sede legislativa, il 26 settembre 1996. Esaminato dalla ii commissione, in sede legislativa, e approvato il 26 settembre 1996 in un testo unificato con l’atto n. 875 (on. Pasetto). Senato della repubblica (atto n. 1389): assegnato alla 2a commissione (giustizia), in sede deliberante, il 3 ottobre 1996, con pareri delle commissioni 1a e 5a. Esaminato dalla 2a commissione il 16 ottobre, 4 e 5 dicembre 1996 e approvato con modifiche il 10 dicembre 1996 in un testo unificato con l’atto n. 1371 (sen. Battaglia). Camera dei deputati (atto n. 374/ b): assegnato alla ii commissione (giustizia), in sede referente, il 19 dicembre 1996, con parere della commissione i. Esaminato dalla ii commissione, in sede referente, il 7 e 8 gennaio 1997. Assegnato nuovamente alla ii commissione, in sede legislativa, il 6 febbraio 1997. Esaminato dalla ii commissione, in sede legislativa, e approvato l’11 febbraio 1997.
Data A Roma, Addì 24 Febbraio 1997ScalfaroProdi, Presidente Del Consiglio Dei MinistriVisto, Il Guardasigilli: Flick

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